L’evoluzione tecnologica ed il problema covid-19 ha condotto ad un uso sfrenetico di smartphone, cellulari, e-mail, chat in tempo reale,etc. Questo potrebbe portare il lavoratore a non avere più la possibilità di fruire del proprio tempo libero senza l’invasiva presenza del proprio datore di lavoro.
In risposta a questa problematica, nasce e si diffonde il diritto alla disconnessione, ovvero la possibilità che il lavoratore possiede di poter staccare la spina dal proprio lavoro almeno durante il tempo libero.
Diritto alla disconnessione vuol dire diritto alla irreperibilità.
In Italia il diritto alla disconnessione non è ancora dettagliato come in altri paesi europei. L’unico riferimento è attualmente presente nella legge del 2017 sul lavoro agile [2] che prevede espressamente che: «nel rispetto degli obiettivi concordati e delle relative modalità di esecuzione del lavoro autorizzate dal medico del lavoro, nonché delle eventuali fasce di reperibilità, il lavoratore ha diritto alla disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche e dalle piattaforme informatiche di lavoro senza che questo possa comportare, di per sé, effetti sulla prosecuzione del rapporto di lavoro o sui trattamenti retributivi».
Mentre in altri ordinamenti, p.e quello francese, la disconnessione è qualificata espressamente come un diritto, una simile previsione non c’è nel sistema italiano.
A mio avviso sarebbe una buona norma che «durante lo svolgimento dello Smart working, soltanto nell’ambito del normale orario di lavoro, il lavoratore dovrà rendersi disponibile e contattabile tramite gli strumenti aziendali». In questo modo la disconnessione potrebbe essere garantita in tutto l’arco temporale che eccede tale orario (tempo libero).