I pericoli delle app-spia

Garante della privacy

(LaRepubblica.it, 30 novembre 2021)

Kaspersky, società leader nelle soluzioni di cybersecurity, ha pubblicato una ricerca sulla tendenza diffusa in tutto il mondo di ricorrere ad app-spia per pedinare il partner e monitorarne la vita nella dimensione digitale e non solo: sono app che chiunque può scaricare dall’App Store e dal Play Store, normalmente distribuite come soluzioni per la sicurezza familiare, per controllare i figli e stare tutti più tranquilli quando il partner rientra a casa tardi o è in viaggio in zone che non conosce.

Ma naturalmente utilizzabili anche per scopi diversi e, nei fatti, utilizzate soprattutto per scopi diversi: sono applicazioni capaci di raccontare a chi le installa tutto ciò che il partner pedinato fa con smartphone, tablet o computer, di sapere in ogni istante dove si trova con precisione centimetrica e di ascoltare (o anche vedere) quello che succede attorno al dispositivo.

Installare queste applicazioni sul dispositivo del partner, specie se si dispone della sua password, è facile quanto installare una qualsiasi altra app, un esercizio che richiede meno di un minuto.

Uno dei dati probabilmente più inquietante della ricerca di Kaspersky è che per il 30% degli intervistati il ricorso a questo genere di soluzioni digitali per controllare il proprio partner sarebbe naturale, o almeno accettabile. Una percentuale compresa tra l’8 e il 10% delle persone intervistate (l’8% delle donne e il 10% degli uomini) ha candidamente ammesso di aver installato un’app di questo genere sullo smartphone, il tablet o il pc del partner. E chissà quanti lo hanno fatto, ma naturalmente non lo ammettono.

D’altra parte, è del 15% la percentuale delle persone che si è sentita chiedere dal partner il permesso a installare un’app del genere. E quasi nella metà dei casi la risposta alla richiesta di installazione di un’app-spia è stata probabilmente positiva, perché per il 48% degli intervistati non c’è alcun problema nello spogliarsi completamente (almeno per quanto si arriva a comprendere) della privacy a beneficio del partner. Specie per i più giovani, si tratta di una sorta di romantica e moderna prova d’amore.

Guai a voler imporre una visione diversa delle cose della vita, specie davanti a scelte così personali come quelle relative all’assetto da dare a un rapporto di coppia. E però Gabriel Garcia Marquez, uno scrittore e non un giurista, diceva che ciascuno di noi ha 3 vite: una pubblica, una privata e una segreta. E aveva ragione.

Non ha importanza quello che pensiamo in un determinato momento della nostra esistenza, specie all’inizio del cammino: è difficile immaginare che mai nel corso della nostra vita, per le ragioni più diverse, non ci sarà qualcosa di noi che vorremmo non condividere con nessuno, partner incluso. O forse proprio a iniziare dal partner.

E potrebbe trattarsi di una circostanza lieta, una sorpresa, un regalo, un evento del quale vogliamo dirle o dirgli solo all’ultimo o di una circostanza dolorosa come una malattia, un incidente, una violenza o magari anche (perché succede, che piaccia o meno) un errore che abbiamo commesso.

Ma davvero c’è una qualche relazione tra l’amore e l’azzeramento della privacy del partner? O piuttosto, l’installazione di questo genere di app (specie quando fatta all’insaputa del partner) rappresenta una forma inaccettabile di violenza digitale che prima ancora di essere incompatibile con le regole del diritto dovrebbe essere incompatibile con quelle del cuore, dell’amore e dell’etica?

Ovviamente sempre al netto di situazioni particolari (perché le eccezioni esistono e sono la migliore conferma delle regole) nella quale una scelta di questo genere, in una dimensione di reale e consapevole condivisione, e magari per un limitato periodo di tempo può davvero rappresentare un gesto d’amore.

La prossima volta che il vostro partner vi chiede se siete d’accordo che vi installi un’app di questo genere sul vostro smartphone, forse vale la pena tenere presente che rispondere di no non significa amarlo o amarla di meno, ma semplicemente amare di più voi stessi e la vostra identità personale, privacy inclusa.

E se temete che vi stia pedinando digitalmente, guardate se il vostro smartphone si comporta in maniera strana (consuma più batteria o dati del solito) o se nelle impostazioni c’è un’app che non conoscete che ha accesso alle funzioni di localizzazione, al microfono o alla telecamera. Se qualcosa non va, segnalatelo a qualcuno di cui vi fidate e magari alle autorità, perché spesso c’è una parziale sovrapposizione tra i partner spioni e quelli violenti e visto che se disinstallaste l’app chi l’ha installata ne verrebbe informato e potrebbe reagire.

Sbaglierò ma credo che non ci sia davvero amore nel violare la privacy di chi diciamo di amare.

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