Da oltre un decennio si studiano in maniera maniacale gli effetti sull’organismo degli astronauti e dei cosmonauti; i dati migliori però vengono dall’esperienza di Scott Joseph Kelly (record di permanenza nello spazio per un astronauta USA, 382 giorni passati al di fuori dell’atmosfera terrestre). Ma il punto forte della ricerca è stato nel criterio di scelta dell’astronauta: Scott ha un fratello gemello, sempre astronauta e praticamente identico geneticamente e rimasto a terra durante quel periodo, che ha permesso di confrontare le differenze fisiologiche registrate durante quell’anno, gli effetti delle radiazioni a livello genetico e molto altro ancora. Ecco alcune sfide che ci attendono per il viaggio andata e ritorno più atteso di sempre (almeno per ora).
1. Tre campi gravitazionali
Siamo organismi evolutisi in millenni per vivere sulla Terra, regolata dalla forza gravitazionale terrestre. Durante il viaggio Terra-Marte l’organismo sarebbe sottoposto a un’attrazione gravitazionale praticamente nulla, per poi passare a circa un terzo di quella terrestre sulla superficie di Marte e nella sua orbita. Non siamo fatti per passare da una all’altra come se niente fosse, anzi.
La Stazione Spaziale Internazionale (SSI), dove ha vissuto per oltre un anno Scott Kelly, si trova più o meno a 400 chilometri di distanza dalla superficie terrestre (oltre l’atmosfera, quindi), viaggiando a oltre 27 mila chilometri all’ora. A discapito di quanto si pensi, le persone sulla SSI fluttuano non perché non c’è gravità (che è di poco inferiore a quella sulla superficie terrestre), ma perché chi è a bordo è di fatto sottoposto a una costante caduta libera che non raggiunge mai il suolo. Gli effetti sull’organismo, però, sono assimilabili a quelli di chi vive o vivrà in assenza di gravità.
Si è riscontrato che le ossa degli astronauti e dei cosmonauti perdono in media l’1% della propria densità al mese, contro circa l’1-1,5% all’anno delle persone anziane sulla Terra. Tornati a Terra si è visto che il problema non è al 100% reversibile, rendendo quindi gli astronauti più soggetti a problemi alle ossa, osteoporosi su tutto, una volta diventati anziani, e anche ben prima della media.
Muscoli e sistema cardiovascolare sono sottoposti a una condizione del tutto anomala, in assenza di gravità. La perdita di massa muscolare è graduale e poco compensabile (avviene quasi tutto senza sforzi). I fluidi corporei, sangue in primis, sperimentano una situazione di assenza di gravità che li porta a essere presenti nella parte superiore del corpo molto più che nell’ordinaria situazione terrestre. Si sono registrati problemi alla vista, anche per maggior pressione oculare, labirintite ed equilibrio in generale, mal di testa, legati direttamente alla maggiore concentrazione dei liquidi nella parte superiore. Oltre a questo, una condizione di nutrizione anomala (ma soprattutto disidratazione e rilascio del calcio “in eccesso” dalle ossa) ha fatto registrare un maggior rischio di sviluppare calcoli renali. Anche la colonna vertebrale, che da una vita regge il peso dell’organismo sulla Terra, richiede attenzioni particolari per non alterare gli equilibri fondamentali per il ritorno sulla Terra.
Contromisure attualmente adottate o allo studio: la preparazione atletica prima della missione è estremamente importante, così come si sono rivelate fondamentali delle fasce di contenimento sulle cosce che permettono di mantenere un po’ di più i fluidi nella parte inferiore del corpo, con benefici per la vista ma non solo, anche sulle altre conseguenze derivate da questo problema. Integratori come il citrato di potassio saranno sfruttati per minimizzare il problema di calcoli renali, mentre i bifosfonati permetteranno di ridurre il riassorbimento osseo.
2. Radiazioni
Sebbene venga da pensare subito alle radiazioni elettromagnetiche, esistono molte altre particelle ad alta energia che possono entrare in contatto con il corpo umano nel corso di una missione spaziale. Stiamo parlando delle pericolose radiazioni ionizzanti, chiamate così perché sono sufficienti a liberare elettroni da atomi o molecole, ionizzando la materia che attraversano, col rischio reale di alterarne la struttura. Vale ovviamente anche per atomi e molecole del corpo umano.
I fattori che determinano a quante radiazioni si può essere esposti sono molti fra cui la durata della missione (più dura, più si è esposti), ma altri assolutamente non controllabili, come picchi improvvisi e imprevedibili dovuti ad attività solari.
Contromisure attualmente adottate o allo studio: La SSI rientra comunque all’interno del campo magnetico della Terra, risultandone comunque in parte protetta, ma nonostante ciò è soggetta a un quantitativo di radiazioni 10 volte superiore rispetto alla superficie terrestre. Aumenta drasticamente la quantità di radiazioni a cui una missione su Marte sarà sottoposta, e anche di diverso tipo. Sono due i livelli su cui si lavora. Il primo è ovviamente quello di schermatura fisica, con materiali e tecnologie sempre più efficienti in tal senso.
Ma si lavora anche su non meglio precisate contromisure biologiche. Sappiamo che individui diversi rispondono in maniera e misura diversa alle radiazioni, motivo per cui possiamo ipotizzare che si stiano studiando gli elementi che contraddistinguono gli individui più resistenti. Si potrà quindi, almeno in teoria, andare a potenziare tutti quei fattori di resistenza anche a livello biologico.